Contro l'Alzheimer

Il morbo di Alzheimer è una delle malattie neurodegenerative più diffuse, specialmente dopo i 65 anni, che colpisce il cervello e quindi la memoria, la capacità di pensare e l'esecuzioni di attività normali. Ad oggi non se ne conoscono ancora esattamente le cause, anche se la dieta, l'ipercolesterolemia, l'ipertensione, il diabete o il fumo possono essere fattori di rischio (oltre alla trasmissione ereditaria in qualche caso).

La malattia è dovuta a una diffusa distruzione di neuroni, principalmente attribuita alla betamiloide, una proteina che depositandosi tra i neuroni, agisce come una sorta di collante, inglobando placche e grovigli "neurofibrillari". Quest'ultime si formano con l'iperfosforilazione della proteina tau, che provoca l'appaiamento con altre unità tau, creando appunto ammassi neurofibrillari (chiamati NFTs). Un ruolo importante nell'aggregazione delle placche di beta-amiloide è della presenza di alcuni metalli, specialmente lo zinco (ma anche il rame, e in misura minore il ferro): dopo il pancreas, il cervello è l' organo in cui se ne trova la maggior concentrazione, soprattutto nelle aree cerebrali associative, quelle che ci permettono di pensare e ragionare che svolgono un ruolo fondamentale nella formazione delle placche. Studi compiuti anche da altri centri di ricerca hanno confermato la difficoltà dell'organismo a mantenere costante i livelli di zinco con l'età; inoltre più lo stadio dell'Alzheimer è avanzato e minore è la capacità di distribuirlo equamente (concentrazione troppo bassa o troppo alta).

Queste placche (senili o amiloidi e ammassi neurofibrillari) impediscono al neurone di trasmettere gli impulsi nervosi e causando la morte dello stesso, con conseguente atrofia progressiva del cervello stesso.

Abbiamo già visto alcuni rimedi naturali presenti in numerosi alimenti come i superfoods (in particolare la curcuma e la cannella), ora esaminereme i farmaci artificiali, creati con tecniche di DNA ricombinante o comunque prelevati e modificati.

PBT-2

Uno studio effettuato in un centro australiano, Prana Biotechnology, ha effettuato numerosi studi per trovare una soluzione alla patologia. L'idea base non è ridurre i livelli della proteina beta-amiloide, ma impedire la formazione Clioquinol delle placche fermando le reazioni tra la proteina e lo zinco e rame naturalmente presente nel cervello. Ci si è focalizzati dunque sui Metal Protein Attenuating Compounds (MPACs), cioè dei composti che inibiscono la formazione di placche. Inoltre questi composti possono essere usati anche per altre malattie degenerative come il morbo di Parkinson o la malattia di Huntington.

Il primo farmaco di questo tipo è stato il Clioquinol, o PBT-1 (figura a fianco) che presentava però numerosi effetti collaterali, avendo effetti neurotossici. Esso inibisce alcuni enzimi responsabili della duplicazione del DNA, evitando dunque la formazione elle placche e agisce come chelante degli atomi di zinco rendendoli inutilizzabili.

Recentemente, invece, è stato messo a punto un'altro farmaco chiamato PBT-2 che si lega direttamente allo zinco, e portando ad una sua migliore distribuzione nel cervello. Questo è dovuto alle sue proprietà ionofore, cioè di legarsi ad atomi metallici e trasportarli attraverso le membrane cellulari.

Gli studi si sono limitati sui gatti, ottenendo risultati eccellenti con una significativa riduzione delle placche di beta-amiloide e di ammassi nuerofibrillari. Attualmente sono in corso prove su pazienti di Alzheimer e si attendono risultati, ma le impressioni restano piuttosto positive, anche in ottica futura, quando si svilupperà ulteriormente.

(1-11)E2

Un'altro recente (febbraio 2012) e importantissimo studio è stato effettuato in Italia, precisamente a Napoli tra l'Istituto di genetica e biofisica (Igb) e l'Istituto di biochimica delle proteine (Ibp): i resposabili di questo studio sono Antonella Prisco all'Igb e Piergiuseppe De Berardinis all'Ibp. L'obiettivo era di creare un vaccino capace di innescare un'efficace risposta immunitaria contro lo sviluppo del peptide beta-amiloide, sapendo che esistono numerosi problemi legati agli effetti collaterali.

La molecola ottenuta, chiamata, (1-11)E2 è un vaccino di ultima generazione e consiste in una proteina chimerica, ottenuta cioè dalla fusione di due proteine diverse: un piccolo frammento del peptide beta-amiloide, coinvolto nell'Alzheimer, unito con una proteina batterica. La sostanza e' capace, in provetta, di auto-assemblarsi formando una struttura simile a un virus per forma e dimensioni, provocando così una reazione immunitaria e polarizzandola verso la produzione di una citochina anti-infiammatoria, l'interleuchina-4, che si lega al peptide favorendone l'eliminazione.

I passi successivi saranno la conferma dell'efficacia sull'organismo umano, oltre alla ricerca sui 'carrier', molecole o micro-organismi utili a convogliare la risposta immunitaria sui bersagli desiderati.